Buongiorno people,
oggi, seppure il tempo è grigio, piove e non c’è nemmeno uno spiraglio di luce ma noi siamo presenti come sempre per presentarvi le uscite del giorno. E’ vero, stavolta c’è ne sono poche, ma non è importante la quantità ma la qualità e quindi che ne dite? Andiamo alla scoperta di questi futuri acquisti o non vi lascerete tentare?
Quale decisione prenderete? 😉
Le potenze dell’anima
Vie alla riforma interiore dal disincanto al risveglio
di Elémire Zolla
a cura di Grazia Marchianò
TRAMA:
Che cosa sono le potenze dell’anima? A questa domanda che suonò alquanto peregrina nell’atmosfera tumultuosa degli anni intorno al 1968 Elémire Zolla, allora quarantaduenne e al suo quarto libro del ciclo di critica sociale, si cimentò a rispondere per un’esigenza anzitutto personale: esplorare le falde del mondo interiore, lo si chiami anima, psiche, coscienza, sé, intelletto o spirito, e lì dentro, nel groviglio di un sentire comunemente tormentato e diviso, cogliere la radice dell’infelicità, del disincanto, dell’indifferenza dell’uomo contemporaneo, anche però una via all’emancipazione, al risveglio di energie salutari indagate nelle tradizioni del pensiero profondo in Oriente e Occidente. In Potenze dell’anima Zolla scruta la “prigione” di un’esistenza del tutto esteriorizzata e appiattita, con enorme anticipo sulle avvenute dipendenze dalle tecnologie digitali; ricostruisce le antiche e dimenticate terapie della malattia psichica, dal dionisismo all’incubazione onirica, all’eros sublimato nella poesia stilnovistica. Scandaglia la topografia dell’interiorità nella raggiera di metafore che a essa alludono, giacché «quando si vuole nominare una realtà invisibile bisogna obbedire alle leggi dell’analogia»: il vento, l’ombra, il custode, il soffio, il nagual. Nella Parte seconda Zolla ricostruisce la tassonomia delle facoltà dell’uomo interiore nei repertori delle antiche civiltà, dall’Egitto a Israele, al Tibet, all’India, alla Cina taoista, ai mondi greco, romano e cristiano.
Un libro antesignano, come i tanti di Zolla sul contrasto insanabile tra i “poteri” dominanti secondo la logica mondana e le “potenze” interiori ribelli alla sottomissione.
Congo Blues
traduzione di Laura Pignatti
di Johnatan Robijn
TRAMA:
Morgan è un pianista, per lo più disoccupato, che non ricorda granché della sua infanzia perché è nato in Congo ed era molto piccolo quando è arrivato a Bruxelles con un aereo. Si guadagna da vivere suonando nei locali che popolano la ricca scena jazz della città belga dai grandi viali e dalle enormi ville, costruiti con i fiumi di denaro provenienti dall’ex colonia. Nella notte di Capodanno del 1988, rientrando dopo un concerto, trova vicino casa una donna che dorme profondamente, al freddo. È giovane, indossa un vestito elegante, e Morgan decide di portarla con sé prima che si congeli. Quando la adagia sul letto, dalla sua borsa scivola una busta piena di contanti: sono moltissimi soldi. Dopo qualche giorno, così com’era apparsa, Simona, la ragazza misteriosa, scompare all’improvviso, ma la magia e l’intensità di quell’incontro non se ne vanno con lei. Morgan vuole ritrovarla. Qualcosa in quello che lei gli ha raccontato ha risvegliato in lui memorie assopite. Davvero è successo tutto per caso? E quali sono gli affari che Simona porta avanti in Congo insieme all’uomo che, sfuggente come lei, gira al volante di una Maserati rossa? Mentre cerca di scoprire chi sia veramente la donna che ha salvato dal gelo, Morgan non si accorge che la sua indagine sull’identità altrui lo sta portando molto vicino al proprio passato, alla sua stessa storia, così indissolubilmente legata al dramma del colonialismo.
Scrive Simone Weil che conoscere le proprie radici è il più importante ma meno riconosciuto bisogno dell’animo umano: ma davvero diventiamo persone più complete nel momento in cui sappiamo da dove veniamo, oppure è meglio non indagare troppo e limitarci ad andare avanti al meglio con la nostra vita?
Decamerock
Ribellioni, amori, eccessi dal lato oscuro della musica
di Massimo Cotto
TRAMA:
Una metaforica peste sembra aver colpito il rock, che non è più il linguaggio della ribellione in musica né quello stile di vita che si nutriva di estremi: solitudine e aggregazione, diavolo e acqua santa, profonda malinconia e gioia sfrenata, folle eccitazione e mistica lentezza.
Per riportarci alle atmosfere, ai volti e alle vicende che hanno reso il rock il genere più popolare al mondo, Massimo Cotto ci guida attraverso una grande avventura narrativa sulle tracce di vite maledette e affascinanti, mostrandone il dietro le quinte.
Dal suo inesauribile repertorio l’autore estrae centouno storie di fortune e sconfitte, tragedie e amori, rivolte e omicidi, rovinose cadute e incredibili resurrezioni, passioni sregolate e altri eccessi, per comporre un romanzo che ne contiene infiniti altri.
Da Nico a Amy Winehouse, da Jeff Buckley a Kurt Cobain, passando per Dylan Thomas e William Burroughs, tra incontri maledetti, groupies, hotel e viaggi on the road, manager senza scrupoli e soldi facili, a storie mai raccontate si affiancano letture inedite di episodi più celebri, nell’affascinante interpretazione di un narratore dallo stile inconfondibile, frutto di incontri e conversazioni, perché «il rock racconta e si racconta non solo nelle canzoni, nelle trame e nei personaggi, ma anche attraverso le parole delle rockstar quando sono lontane dal palco».
La forza della natura
di Antonio Leotti
TRAMA:
Quando Anna rimane vedova di Euclide è ancora giovane, bella e, all’indomani del funerale, incredibilmente decisa a non rimettere mai più piede nel paesino della Toscana dove per anni il marito ha tenuto le redini dell’azienda di famiglia. Anna vuole restare a Roma, ai Parioli, ripensare all’uomo che ha amato, bere Martini in terrazza e dimenticare i contadini con i quali Euclide lavorava e che lei disprezza, considerandoli un inutile retaggio medievale. E quale modo migliore per dimenticare di vendere tutto, castello, terre e poderi? Tuttavia, tra Anna e la libertà si frappone la famiglia Rencinai, contadini da duecento anni su un podere del quale, morto Euclide, reclamano la proprietà. Comincia così, per una lite che finisce in tribunale, la nuova vita di Anna che, costretta alla campagna, se ne innamora tanto da prendere in mano l’azienda di famiglia e avvicinarsi ai detestati contadini. In questo percorso di avvicinamento alle radici (non solo metaforiche), Anna si troverà a essere oggetto del corteggiamento di diversi uomini: un vecchio amico di infanzia, il figlio ribelle della famiglia Rencinai, un ricco aristocratico piemontese e addirittura un piccolo malvivente romano. Chi sposerà Anna? E quanto tempo impiegherà a lasciar andare il suo Euclide?
Quello di Antonio Leotti è un romanzo inglese ambientato in Toscana, ma più comico che tragico. Una commedia irresistibile che avanza per coincidenze ed equivoci, raccontando quanto le gioie della campagna e quelle della città – così come i disagi dell’una e dell’altra – non siano in fondo che luoghi comuni dei quali si può ridere insieme.
Mito e realtà della Grande Guerra
a cura di Marina Della Putta Johnston
TRAMA:
Mito e realtà della Grande Guerra s’intrecciano, strettamente legati e non sempre perfettamente distinguibili, nei saggi raccolti nel presente volume. Il primo conflitto mondiale è colto nel momento del suo svolgersi e nei suoi effetti duraturi, nel ricordo a distanza di decenni, in un contesto nazionale e internazionale, nel confronto con altri paesi e altri conflitti. La Grande Guerra è presentata quale momento fondamentale di rinnovamento identitario della società e della letteratura che la esprime, tra mito della gerra a difesa della giovane patria, o come «igiene del mondo» e tragica realtà, che rende i soldati fratelli nella durezza della vita sui campi di battaglia e richiede la creazione di un nuovo essenziale linguaggio che la esprima.
Qualcuno si diverte
di Dino Terra

TRAMA:
Qualcuno si diverte di Dino Terra è una di quelle raccolte di racconti che fa di un lettore un buon lettore: brevi ma dinamici intrichi, affetti, tenue umorismo. Cade alla metà degli anni trenta, mentre esordivano Landolfi, Brancati, Buzzati, Piovene, Moravia…E proprio di Moravia Terra era amico e sodale: una relazione ripartita in due fasi distinte di cui questa raccolta è il crocevia. Attorno alla vecchia recupera ambienti e atmosfere del Moravia di Cortigiana stanca e Delitto al circolo di tennis; dietro Possibilità di un sacrificio c’è il Moravia di Fine di una relazione. Ma anche Moravia leggeva Terra. «Giulia si fa grande» presenta elementi affini alla trama di Agostino, nelle sue grandi linee (Marcheschi); e altri racconti di Qualcuno si diverte anticipano le vicende narrate dal Moravia “popolare” dei Racconti romani: Fanatico è imparentato a La trappola di Terra; Il pupo risente dei fatti narrati nel racconto che dà il nome a questa raccolta; le osterie e i casi di miseria di Moravia echeggiano le pagine de Il toscano. È un rapporto narratologicamente profondo, di ricerca delle stesse ambientazioni e del tratteggio degli stessi personaggi. Una relazione reciproca ma diseguale: Terra riscrive, Moravia pare ricalcare. Da una parte la pura assunzione di quadri ambientali – di natura quasi logico-scientifica – in funzione di una riscrittura originale e dal tratto spesso surreale; dall’altra una riproduzione di meccanismi narratologici, quando non proprio di trame, che deve indurre non solo a un’attenta valutazione del nesso fra i due scrittori, ma anche a una prima, seria riconsiderazioni di talune virtù dell’artista più celebrato.
Le 100 parole dei musei
di Massimo Negri, Giovanna Marini

TRAMA:
Diorama, interpretazione, museografia, museologia, chiodo a chiodo, colophon, lux, prestito, ecomuseo: sono solo alcuni dei vocaboli del linguaggio di chi lavora nei musei, per i musei o con i musei.
Apparentemente una torre di Babele dove si mescolano termini tecnici con espressioni gergali, come del resto accade in tutti i mestieri. Questo libro ne raccoglie cento, cento parole che svelano a volte aspetti nascosti nel backstage museale oppure definiscono operazioni e procedure di cui il pubblico intuisce l’esistenza, ma a cui non sa dare un nome.
Conoscendo queste parole si capisce meglio che cosa sia un museo e come funzioni e, forse, si impara ad amarlo per quello che è: un organismo vivente fatto innanzitutto di persone che ci lavorano, che gli danno vita visitandolo, e poi di cose, racconti e immagini che fanno del museo un’emozione indimenticabile.
L’ultima moglie di J.D. Salinger
di Enrico Deaglio

TRAMA:
Quando una mattina il campanello di John Taliabue, professore di letteratura comparata alla New York University, suona insistentemente, né lui né chi legge può immaginare che aprendo la porta si troverà davanti Mark Simonetti, agente dell’Fbi con tanto di tesserino, specializzato in “crimini letterari”. Il crimine letterario che il Bureau non ha mai smesso di investigare riguarda l’infinita scomparsa di J.D. Salinger dalla vita pubblica, e sembra coinvolgere anche una donna misteriosa, Olga Simoneova, presunta spia russa nonché vecchia amica dell’accademico. Taliabue non vorrebbe saperne niente – mal sopporta l’Fbi -, ma qualcosa sa, e per la prima volta si troverà costretto a parlare…
La letteratura insegnata e amata dal professore e Il giovane Holden rappresentano l’occasione per analizzare il mito americano nell’epoca di Trump: tra rievocazioni e oblii, intuizioni geniali e false piste, Enrico Deaglio si avvicina alla vita e alla scrittura di J. D. Salinger con intelligenza, curiosità e una rara capacità di racconto. Se la memoria è un sentimento, quella di Deaglio e Taliabue è un sentimento di irrinunciabile avventura.
Verdi a Parigi
di Paolo Isotta
TRAMA:
Quando Verdi conseguì il primo grande successo col Nabucco, il genere di melodramma che s’era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico», e al diverso sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici.
Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irriproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell’arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decenni. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall’Opéra di Parigi. Il Maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l’Opera francese, la cultura, l’ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla Traviata, fa una distesa narrazione e interpretazione.
