Buon pomeriggio a tutti,
ho letto il libro “la zanzara muta” di Gianfranco Spinazzi grazie alla nostra collaborazione con l’ufficio stampa “Il taccuino” che ci ha fornito una copia del romanzo. Un romanzo particolare, che non mi sarei mai immaginata di leggere in quanto nonostante si trova tra il genere narrativa si discosta molto dal mio genere di lettura.
Titolo: La zanzara muta
Autore: Gianfranco Spinazzi
Editore: Tragopano Edizioni
Genere: Narrativa/Drammatico
Serie: No
Pagine: 211
Data di uscita: 9 Aprile 2018
Finale: Chiuso
Potete acquistarlo QUI
Bisognerebbe disporre di specchi speciali che ci riflettano come vogliamo essere riflessi. Specchi correttori, come le lenti degli occhiali.
I più belli del reame.
Per essere bello mi sarei svuotato di ogni altra cosa, pensieri e anima. Vuoto dentro bello fuori.
Non siamo brutti, solo rugosi.
Intendeva essere bellissimi. Pura forma, ieratica sembianza.
Niente dubbi davanti allo specchio, solo la verità della bellezza. Sua moglie diceva che l’amante perfetta per lui sarebbe stata una statua, in realtà la statua avrebbe dovuto essere lui. Mai corrotto dal mondo, mai sciupato dal pianto o dal riso, dal vento e dalla pioggia, dalle contingenze del vivere. Mai segnato dall’assopimento del risveglio e dal turbamento della notte, sempre perfetto, inalterabile, inattaccabile dal fango e da qualsiasi altro agente deturpatore.
Oppure brutti, ma anatroccoli.
O almeno che siano belli gli sfondi, come nei ritratti rinascimentali: castelli, giardini, serre, colline, fiumi, ponticelli, pastori con pecorelle, muse nude …
L’arcadia a domicilio come le pizze, specchi quattro stagioni.
La Zanzara Muta è un romanzo non facile e capirlo richiede tutta l’energia di un lettore, non mi piace ammetterlo, ma devo dire che ho avuto difficoltà nel seguire tutta la storia. Beh, questa è una pecca che di certo non mi ha aiutato e che rende adesso questa recensione più complicata da scrivere. Nonostante qualche lato negativo non nascondo che ne ho apprezzato i temi trattati, quegli argomenti delicati e visti da un punto di vista nuovo, di una vita che sembra arrivata al capolinea e che ci lascia a riflettere.
Le storie si svolgono a Venezia e i protagonisti sono due anziani che frequentano lo stesso bar quando un giorno uno invita l’altro e poco dopo lo stordisce. Inizia così il libro pensando che fosse solo un romanzo semplice, quando in realtà i due innocenti anziani si trasformano uno in vittima e l’altro in carceriere. Uno dei due anziani colpisce l’altro e lo rinchiude nella propria casa e tra loro nasce un rapporto difficile anche solo da spiegare, ma grazie ad esso si svilupperà la trama tramite un racconto. La lettura non è facile, ma diciamo che ho apprezzato il significato che l’autore ha voluto trasmettere. I due anziani hanno avuto due vite diverse, complesse sicuramente e con un passato da raccontare, ma entrambi sono legati dalla stessa situazioni: sono rimasti soli. Ad ognuno di loro la vita ha tolto qualcosa, la vittima ha perso la moglie invece il carceriere è stato lasciato e così vediamo questa contrapposizioni tra i due uomini. L’autore ha delineato il carattere dei due personaggi in modo complesso lasciando piccoli frammenti al lettore da cogliere e assimilare fino alla fine completando poi il puzzle.
I due anziani che, scusatemi se mi ritrovo a ripetere il termine ma non hanno un nome dopo un momento iniziale problematico e difficile si ritrovano a parlare, riflettendo sulle loro vite attraverso monologhi e dialoghi presenti sia in forma di pensiero che di parole vere e proprie. Lentamente si lasciano andare confessandosi, anche se è difficile arrivare al quel punto e anche il lettore ne risente perché spesso la lettura procede lenta. Un fattore che mi ha reso difficile comprendere il libro oltre quello lento svolgimento è la narrazione che proviene dai pensieri dei protagonisti raccontata senza un filo logico, magari un giorno si ritrovano a parlare dell’abbandono e in un altro del piatto del giorno, un esempio per farvi capire. Non sono riuscita a tenere il filo del discorso, ma l’obiettivo del romanzo penso che sia anche questo, mostrare con occhi diversi come vivono gli anziani, ciò che provano e quanto si sentono soli.
Un altro fattore che penso sia stato lo scopo dell’autore è quello di parlarci della senilità, quel momento della vita in cui tutto va lentamente, che spesso si dimentica di vivere perché hai già passato una vita intera a preoccuparti, ad essere felice e a soffrire. Questo libro mi ha colpito molto perché ha lasciato in me un senso di irrequietezza, mi ha portato a riflettere e a pensare che dobbiamo prenderci cura degli anziani, vuoi che sia un parente o una signora che attraversa la strada. Questa lettura mi ha permesso di allargare gli orizzonti e ho riscoperto che essere anziani e vecchi non significa essere inutili, anzi essi stessi sono la saggezza fatta persona perché hanno affrontato “la guerra” e sono pronti a raccontartela. L’autore ci ha invitati a riflettere, a vivere fino in fondo e a non dare nulla per scontato vuoi che sia un grazie, un ciao o un ti amo.
Il romanzo ha le sue pecche, scelte stilistiche che non approvo del tutto, una lettura difficile e assolutamente non facile da capire, ma nonostante tutto penso che sia stata una lettura interessante e davvero un libro in più nel mio bagaglio culturale.
Tutti dovremmo porci le stesse domande dei protagonisti del romanzo.
A presto,
La mia valutazione…